mercoledì 23 marzo 2011

Il gattino Pitschi

Può accadere che l'inaspettato ti sorprenda. Proprio in uno di quei giorni nei quali ti aspetti che tutto vada come è sempre stato, l'inaspettato ti scuote piacevolmente. Ero ad una lezione di pedagogia, pronta ad acquisire modelli sull'apprendimento, quando una studentessa...

"Cari colleghi, il mio compito sarebbe quello di esporvi per l'ennesima volta le teorie e gli esperimenti di Bandura, ma io voglio raccontarvi una storiella. Voglio raccontarvi la storiella del gattino Pitschi, forse qualcuno di voi se la ricorderà dai tempi dell'asilo."

Mentre guardo le illustrazioni del libricino apparire sulla lavagna luminosa, sono indecisa. Qualcuno dovrebbe ricordarle che siamo all'università? Ascolto comunque quella ragazza che comincia a raccontare, con serietà e compostezza inusuali, una storiella per bambini.

Pitschi era un piccolo gattino coraggioso. I suoi fratelli gatti, che giocavano con batuffoli di lana o allungavano i loro piccoli artigli disegnando figure sul terreno, lo annoiavano. Pitschi non si sentiva come loro, lui era diverso. Un giorno il gattino decide di scoprire quell'orizzonte che vedeva ogni giorno al di là della staccionata. Lasciò la sua casetta e cominciò a cercare qualcosa di indefinito, qualcosa che ancora non conosceva. Sul cammino incontrò un grande gallo dalle piume variopinte, la bellezza di quella creatura lo catturò. Pitschi decise che voleva essere così, sarebbe diventato un gallo. Lo osservò a lungo e piano piano riuscì a imitare la camminata zompettante e il movimento ritmico delle ali. Molta più fatica gli costò l'apprendimento del potente chicchirichio. Ma quando vi riuscì, tentativo dopo tentativo, il gallo non poté che rispondere con lodi e danze. Felice di avere trovato la sua nuova natura, Pitschi seguì il gallo sulla strada verso il pollaio. Improvvisamente una creatura nera intrinsa di piume rosse e arancioni si piazzò di fronte all'amico gallo. I due si dichiararono guerra con versi e salti minacciosi e si scaraventarono con rabbia l'uno contro l'altro. Il combattimento dei galli fece tremare Pitschi che scappò nascondendosi dietro ad un tronco mozzato. Non poteva essere un gallo, non sarebbe mai riuscito a combattere in quel modo. Pitschi tornò a casa, unico luogo che conosceva. I fratelli gatti prepararono una festa in onore del suo ritorno. Pitschi era quello che era. Era un gatto, un gatto felice di essere un gatto.

Ogni sequenza della storia esemplificava in maniera chiara e semplice un complesso modello teorizzato dal mondo scientifico. Le illustrazioni parlavano ai bambini in una lingua e a noi adulti in un'altra. Forse avrei dovuto evitare snobbismi accademici. Sono io a dovere ricordare che siamo all'università e che l'università, come ogni altro luogo, può accogliere l'inaspettato.

Lola :-)

6 commenti:

  1. Non solo all'università si imparano cose. La storiella del gattino insegna che non si può essere quello che non si è. Bellissima lezione ciao funkfunklola

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  2. Mai sentita la storia del gattino... Né all'asilo né altrove. E questo sì che è sorprendente! :D
    PS: è proprio la vita che è inaspettata, inusuale e - a volte - sorprendente

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  3. Anche io non la conoscevo la storia, molto bella! Certe volte si impara molto meglio tramite le fiabe :)
    Davvero bello ascoltare una storia del genere all università, ancora non mi é capitat...

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  4. :)Evviva l'originalità.

    Ale

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  5. @Tiziana: Cara tiziana, hai ragione non si può essere ciò che non si è, ed è un percorso riuscire ad essere quello che si è.

    @Federica: Niente più della vita stessa, proprio vero! :-)

    @Secondwind: Capita poche volte, preferiamo essere tutti seriotti :-)

    @Ale:Ciao Ale! Bello ritrovarti! W l'originalità, sottoscrivo!

    Un abbraccio a tutti, Lola

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  6. Ragazze se passate da quelle parti c'è un piccolo pensiero per voi.

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